E’ il racconto di un viaggio di studio nel remoto Messico ai piedi del vulcano Nevado de Toluca (4680 m).
Un gruppo di giovani amici geologi vivono un’avventura indimenticabile durante il duro lavoro dei rilevamenti tra paesaggi di rara bellezza, escursioni sulle pendici prative, punteggiate di fiori e piante grasse d’alta quota.
E’ la storia di una nostalgia, la stessa che ti prende quando un viaggio è finito e sei combattuto tra il desiderio di tornare alla vita di sempre, ai tuoi affetti e la voglia di rimandare la partenza, di non staccarti dall’alveo di un’esperienza che ti ha regalato tante emozioni.
I legami d’amicizia si rinsaldano, a costo di liti e musi lunghi, la condivisione di un’esperienza fortemente voluta, rende possibile la convivenza e crea vincoli inossidabili alla prova del tempo e dell’ordinaria quotidianità.
Prima che il viaggio diventi ricordo e ritrovi i protagonisti al tavolo di un locale dei Navigli, nasce l’urgenza di fissarlo sulla carta. Tornare non è rinunciare, ma decidere di vivere più compiutamente la propria esistenza, forti di un bagaglio umano ed emozionale che gli altri non potrebbero capire e che è difficile raccontare.
Con un linguaggio semplice e colloquiale, ironico e lieve, l’autore prova a trasmetterci la sua esperienza autobiografica. Con successo riesce a contagiare il lettore con i colori dei murales messicani, gli odori della dueña, la polvere della cenere vulcanica che infiamma la gola, l’atmosfera degli autobus pubblici e dei festeggiamenti per l’elezione del nuovo sindaco (il macellaio del paese), l’accostamento di sacro e profano che pervade la povera vita dei contadini in guerra per l’acqua.
Città del Messico, caotica metropoli, appare lontana, l’Italia lontanissima, e con essa burocrazia e consumismo. A bordo di un “vocho azul”, si può assaporare la vita, il piacere di un lavoro che appassiona e fa sembrare anche la fatica, un dono.