In copertina Anfore Spoglie, da un dipinto dello scrittore.
Premessa
Nella ritemprante quiete dei patii del paese di Montevago si svolge la naturale quotidianità scandita dall’attesa dei meticolosi segnali degli astri, in un continuo incessante evolversi di eventi e contraddizioni ponderati da sentimenti di familiarità e amistade.
Come le silenti anfore, dritte e imperterrite sui palmenti al chiuso, e le poderose giare, ferme e attente sui larghi spazi dei cortili, preludono ai segni celesti, gli aedi raccontano arcane storie tramandate oralmente dai cantori del tempo, un susseguirsi di accadimenti che segnano, al di là del bene e del male, la vita dell’uomo sulla Terra. Piccole comunità si muovono in una logica fattività d’un microcosmo cresciuto e sviluppatosi a misura e passo d’uomo, il lavoro nei campi, nelle botteghe artigiane, in una convivenza semplice e aggregante, lontana da stressanti metropoli e macrocosmi che annullano l’individualità dell’essere umano avviluppandola in una poltiglia omogeneizzata, massificata e uniformante che disgrega subdolamente qualsiasi tessuto sociale, riducendolo a mera materialità consumistica.
L’inesorabile fluire del tempo innesca ogni giorno la spola veloce e lesto dipana trame e orditi in un intricato avvicendarsi di amori e segreti, invidie e gelosie, passioni e amicizie, tradimenti e ambizioni meschine. Ma senza alcun preavviso, come un’infausta visitazione superna, ebbre potenze annientanti e devastatrici in pochi secondi stroncano alla radice la compostezza di una vita misurata e fattiva, inducendo l’uomo a barcollare inebetito, tra la vita e la morte, sugli alti precipizi dell’ultimo confine su cui andrà ad espiare le sue futili irriducibili velleità e le proprie imponderabili vane superbie.