“La grâce et l’éternité” rappresenta un soave canto lirico, denso di atmosfere e suggestioni, che si alimenta della “voce melodica” di Francesco Sinibaldi, vero artefice della creazione di un mondo poetico nel quale domina la sensazione di Grazia, che espande la visione nascente dal cuore del poeta.
La sua Parola lirica si impregna della substantia autentica della vita stessa e tutto ciò che si presenta davanti ai suoi occhi, durante il percorso di un continuo travaglio emotivo, diventa componimento capace di suscitare l’anima: il semplice chiarore d’un mattino ed i bagliori morenti d’una sera; le infinite profondità dell’animo ed il “palpitar d’umano patimento”; le intense emozioni vissute e le più labili percezioni d’un candido sentire lirico; il “dolore del mortale cammino” con l’umano travaglio e la nostalgia “celata nei cumuli di ricordi”; la fugacità della vita e, infine, il ricercato sospiro di quiete.
Emerge prepotente la consapevolezza della limitante condizione dell’Uomo con la sua “silente” solitudine e le sue fragilità, fino a cristallizzare la sensazione dell’umano abbandono al fluire della vita con alcuni versi che sono cosciente presa d’atto: “Fugge il vento dei miei ricordi,/e solo rimango con fragili canti” e, continuando a ricercare, sulla “soglia del cuore”, la luce salvifica, porre il sigillo lirico: “Vedo nel poetar/il pianto del mio/cuore”.
Massimo Barile