Il piano stava funzionando e Nives mi batté il cinque da sotto il bancone. Però scorsi, tra i ragazzi che dovevamo servire, una persona molto alta e con dei capelli scuri, sbucare tra le teste degli altri. Sam. Mi guardai attraverso il riflesso di un cucchiaio e capii, abbastanza in fretta, che non mi dovevo far vedere conciata così. Già mi aveva vista in modalità zombie alla mattina e a testa in giù su un albero e mentre inciampavo scompostamente su un maledettissimo sasso! Non potevo farmi trovare vestita da cuoca e servirgli il pranzo, era abbastanza umiliante anche senza quest’ultimo spettacolo. Lo indicai velocemente a Nives, lei cercò di trattenere una risata e con le labbra mimò:
«Vendetta…» io la implorai con lo sguardo e ottenni di correre in bagno per… per… un’emergenza! O almeno questo fu quello che dissi al cuoco-armadio mentre mi scapicollavo verso il bagno, inciampando un po’ qua e un po’ là. Dieci minuti dopo tornai al bancone e ringraziai Nives con un sospiro. Lei mi porse il pugno, io sorrisi, lo battei con il mio e lo feci pure esplodere. Per il momento ce l’avevamo fatta.