Le braccia benevole della natura
Nella natura l’autore riscopre se stesso, l’immagina come un mosaico di luci ed ombre, dove a tratti rivede parte della sua vita.
La vede tendersi verso di lui con braccia benevole, quasi a tentare un approccio, lo invita a godere della sua bellezza con il canto degli uccelli, il mormorio dei ruscelli, il sole che indora le cima degli alberi, la luna che si staglia sull’orizzonte sereno colmando lo spazio celeste della sua tenue luce e il cielo che splende di stelle pieno di mistero.
Le sue riflessioni hanno rimosso il velo materiale che nascondeva il suo io interiore, la sua anima si è “espansa”, tanto da avvicinarlo sempre più alla natura, ai suoi segreti e alle sue meraviglie (poesia “la paura del silenzio”.)
È in simbiosi con la natura.
Le parole, riferisce, sono come le foglie, dove più abbondano ben di rado si trova molto frutto dell’intelletto ed è triste non gustare della fonte del sapere, così come e non è saggio colui che lascia il certo per l’incerto (poesia “come le foglie”).
È, altresì, bello, continua, ricordare, rivivere le stesse emozioni come un filo sottile che passa sotto la porta nella foschia del passato (poesia “filo sotto la porta”).
Freddo e fame si vincono, ma alla solitudine non si resiste, ricorda e rievoca quei momenti, quando quel calore cominciava a fare effetto, quando si scaldava l’anima.
È una piaga che tocca il cuore, spera che guarisca, ma spesso ritorna con le sue trafitture.
Vorrebbe esternare tutto questo dolore, ma è come il bosco, fenomenale a imprigionare i suoni (poesia “il bosco”).
Carlo Mario Passera