Questa trentina di testi di Enzo Comin lasciano il lettore piuttosto perplesso, quasi interdetto. Ne sono passati di anni da quel lontano ragazzino timido timido, tutto ossi, che avevo visto alle medie.
Se cerchi la forma sintattica, non la trovi: i tempi e i modi seguono una sintassi tutta interiore, assolutamente intima e profonda; passa da un modo all’altro e da un tempo all’altro senza accettare le gabbie tradizionali, anche la punteggiatura è buttata qua e là, come foglie scompigliate dal vento. Se cerchi il metro della tradizione, arrivi alla stessa conclusione: sono versi liberi, che inseguono il ritmo dei sentimenti, delle sensazioni, dei pensieri. Perfino il valore semantico dei singoli lemmi viene ribaltato, come in quella “piaggeria delle ortiche” sulla pelle, forse perché anche le parole sono diventate gabbie insopportabili…
...Sono testi non facili, dipanati con fatica, da leggere e rileggere. Hanno la forza di mettere a nudo nervi che si credevano desensibilizzati.
Prof. Antonio Pavanello