Il dolore non deve essere mai esperienza vana. Se lo fosse, non soltanto ci porterebbe a non considerare un’inevitabile parte della nostra vita, ma anche a non saperla guardare nella sua giusta dimensione. Il dolore deve essere gestito come un mezzo, un mezzo che chiede, come tale, di essere usato e poi superato. E per usarlo, non bisogna arrendersi a esso. Questo modo di usare il dolore al servizio di una nuova felicità è il tratto dominante del romanzo. Il messaggio è uno e chiaro: nella vita a ciascuno capita, in misura maggiore o minore, di soffrire, ma questo tempo deve essere valorizzato nella sua pienezza. E per riuscire a fare questo non occorrono particolari terapie o lunghe sedute psicologiche, basta saper includere il dolore come parte ineliminabile della vita e considerarlo per tale. Appunto, come un mezzo. Il fine è uscirne con una vita rafforzata. Anche nel gestire il dolore stesso. E con un nuovo capitolo di esistenza da scrivere con cuore e ragione.