Se sul sito dell’Università di Pisa leggo un nome e un mondo mi si ripresenta alla mente, come la ‘madeleine’ della Recherche di Proust, se mi ritrovo in via S. Maria dopo trent’anni, chi sono io, come vivo il mio ‘esser – gettata’ lì? “La carta per terra” mi fa vivere l’esperienza della ‘nausea’ di Ronquetin o quella della ‘madeleine’ di Proust? Sono oltre la ‘madeleine’ giacché sono lì presente “in carne e ossa ed esperienze di vita” e non ricordo soltanto ma rivivo l’Erlebniss? “Rivolgendomi al passato vedo diverse personalità e ritengo che ciascuna sia l’io che ero io; chi è ricordato è un’altra persona” (Schutz). “In Proust gli oggetti sono utili al ricordo, a ricostruire e costruire il ‘sé’ e il ‘reale’… ma la condotta emotiva trasforma la realtà come quando si guarda da vicino un quadro: i suoi elementi sono destrutturati” (Barale).
Attraverso la teoria della ‘situazione emotiva’, i temi dell’io-altro e dello ‘sguardo’, il soggetto e la sua crisi si giunge a Vattimo che parla di “un indebolimento del senso o meglio di un’ontologia del declino” e, con Nietszche, definisce il soggetto “una favola, una finzione, un gioco di parole”.
“Contare i fili d’erba è inutile, non si arriverà mai e saperne il numero: predomina l’assenza di ‘un sapere certo’, l’instabilità, la casualità” (Calvino).
Per Schutz “la fenomenologia non può risolvere il problema ontologico”, come sostiene Husserl cui imputa una “modificazione metafisica del metodo”, ma si può parlare “di un fondamento debole”.
Per Schopenauer “la verità oggettiva di una proposizione e la verità della medesima nell’approvazione dei contemporanei sono due cose diverse”.
“La concezione della ragione che origina dall’idea di stato di Hobbes e Hegel è entrata in crisi” (Barale) e siamo di fronte “a un’intelligenza e una forza produttiva ‘altra’, vale a dire in possesso di sapere-sapienza.
Con la teoria dei ‘numeri immaginari’ di Hawking si può calcolare una temporalità non lineare, ‘altra’ dalle narrazioni ottocentesche mentre la teoria marxiana del valore, ove soggiace la visione lineare del tempo, non tiene conto del superamento dei paradigmi preesistenti.
Il ricorso a immagini e metafore è costitutivo della scienza: ‘il cuneo di Darwin’, ‘i geni che saltano’, ‘il gatto nero e bianco’ di Thom.
Aymar si orienta verso rappresentazioni non lineari del tempo e analisi delle società in termini di sistemi dinamici e prende in considerazione le teorie della biforcazione,della complessità: negli studi storici e economici è utile il concetto di caso che attraversa matematica e la nuova fisica.
Il teorema di Gödel è il grimaldello della crisi della ragione classica, dei fondamenti e del soggetto, mentre per Giorello è in atto un tentativo di ricucire “arte e scienza, logica e mito”. Se il linguaggio della metafisica non poteva servire a Heidegger, forse tutto deve capovolgersi. Se il linguaggio dell’esattezza non riesce a contenere il molteplice (Sini) e lo scienziato è uno che racconta storie (Medawar), tutto è parola e racconto?