È dolce e semplice, per il lettore, farsi guidare, quasi cullare, fra città e paesaggi, prima della geografia, poi dell’anima e viceversa.
Non avete idea però di cosa significhi sapere che, da un certo punto in poi, ciascuna delle sezioni di questa raccolta è riempita anche da qualcosa che ci riguardi direttamente, semplicemente per il fatto di avere avuto l’enorme fortuna di essersi innamorato, ricambiato, di questa straordinaria poetessa che, fra echi montaliani, citazioni di Bertolucci e suggestioni ermetiche, non smette di essere se stessa: onesta, diretta, tagliente come una lama, nello scrivere così come nel pensare.
In tutto si legge un “prima” e un “dopo”: a volte in continuità (come nelle dediche affettuose a genitori, nipote, parenti e amici), altre volte per contrasto, come nell’amore limpido e cristallino per Como e in quello più contrastato per Milano. Un vero e proprio ottovolante emotivo che, se dal punto di vista personale mi onoro di “occupare”, da lettore affascina come un racconto del quale si cerca il finale, pur sapendo che è bello un finale non ci sia…
il fortunato marito Fabio Meda
P.S. Di prefazioni ne ho lette tante, ma scritte mai: mi si perdonino inesperienza e mancanza di professionalità!
Opicopà è una parola inventata da mio marito Fabio, quand’era bambino: secondo i racconti di mia suocera gli “piaceva” lanciare in aria oggetti, al grido di «Opicopà!». Anche a me piace “lanciare in aria” le parole, nella speranza che qualcuno le raccolga.
Stefania Clerici