Regole universali e saggezza popolare si incontrano in un’osteria e danno vita ad uno scambio tra complessità di ragionamento e quotidianità.
“Fu quella la prima volta che amai l’osteria. Me ne stavo abbarbicato su quel pavimento sconnesso, circondato da voci di persone che non conoscevo, tra quattro mura piene di quadri impolverati dei quali non riuscivo a capire nemmeno il significato (spiegatemi voi cosa diamine ci fa una cornice scura, con la scritta Charles in oro appesa subito sopra la porta di uscita), completamente dentro alle discussioni sgangherate della gente, con la convinzione che vi fosse un tesoro nascosto.”
Il risultato è un concentrato di pensieri che non siamo abituati ad utilizzare, ma che riescono a farci vedere il mondo in modo diverso.
“Ora che puzzo di alcool e vengo considerato un reietto, la società mi lascia pensare senza avere aspettative. E allora torno qui, dove posso fare, sbagliare, e non adeguarmi ai canoni che ho accettato nella più completa inconsapevolezza ma che oggi semplicemente mi sono reso conto che non mi piacciono. E non mi fanno stare bene. E allora torno qui a pensare che basta niente. E niente basta.”