Quel giorno…
Mi ricordo a un tratto di quel giorno come fosse ieri.
Calzavo zoccoli di legno rumorosi e scomodi, come molti altri ragazzi nel primo dopoguerra; e mio padre che lavorava in farmacia aveva saputo di un tale che aveva un paio di scarpe di pelle e cuoio vero da vendere, e aveva preso appuntamento per l’indomani alle nove, e per le nove meno cinque io dovevo essere lì.
Fummo tutti puntuali, e un signore, mostrando le scarpe in questione “Quanti anni hai?” Mi domandò.
“Dodici.” Risposi senza capire.
“Proprio come Marco. Ti dovrebbero andar bene. Il poveretto non ha fatto in tempo manco a guardarle, falciato da una raffica di mitraglia di un aereo improvviso.
Le scarpe di un morto!
“Non mi vanno.” Dissi deciso.
“Ma se non l’hai manco misurate!” Si meravigliò mio padre.
Allora infilai un piede nella tomaia, ma aggricciai i diti in modo che il piede non potesse andare in alcun modo né avanti né indietro.
“In effetti sono un po’ strette.” Fu costretto a riconoscere, deluso, il venditore.
Ed io me ne tornai ai miei zoccoli di legno che battevano secchi sul selciato, ma con una voce allegra, quasi ringraziando.